Oddio……sono impanicato

di Franca Capotosto

Se non molti anni fa un disturbo mentale configurava una malattia di cui vergognarsi, quindi da nascondere il più possibile, oggi chi non esibisce un minimo di disagio mentale (o supposto tale)?  Andare dallo psicologo – pochi possono permettersi lo (psico)analista – è diventato di moda e fa status. “Come ti trovi con il tuo psicologo….?”. Fuor di paradosso, in generale lo sdoganamento del disagio mentale è un fatto positivo, salvo cadere nell’eccesso di considerare patologico ogni stato d’animo che crea disagio.  Parole di impronta specialistica  come burnout (esito patologico di un processo stressogeno) sono entrate nel lessico corrente dei media. Il disagio psicologico, enfatizzato dai genitori, contagia i figli.

I giovani di oggi socializzano (appunto anche nei social) i propri disagi esistenziali. Questo è un fatto positivo.  L’emersione, la consapevolezza e quindi l’accettazione del disagio, sono la prima cura contro di esso. A superamento, ad esempio, di quella introversione e sofferenza intima represse che hanno segnato l’adolescenza di giovani degli anni anta.

Ma non tutto il disagio è patologia. Non sempre una preoccupazione corrisponde ad ansia, una paura al panico, un pericolo solo percepito alla paranoia, una forte avversione per qualcosa alla fobia. L’equilibrio mentale passa attraverso l’emersione del disagio e il suo corretto – in senso psicologico – dimensionamento.