Essere madri, nonostante tutto

Testo di Riccardo Zironi

Video a cui di  Franca Capotosto e Riccardo Zironi

La madre di Mark Samson, Nors Manlapaz, ha dichiarato al pm di aver aiutato il figlio a pulire il sangue di Ilaria Sula. Di fronte all’ammissione di questa madre – di questa donna – sui social si sono riversati sgomento, rabbia, odio e infuocati anatemi. È comprensibile. Abbiamo comunque deciso di fermarci un attimo per riflettere sull’impensabile: cosa può significare per una madre aiutare il figlio a occultare le prove di un femminicidio?

«Ho sentito dei rumori e sono entrata in camera: l’ho aiutato a pulire il sangue». Riportata in un articolo del “Corriere della Sera”, questa è la frase di Nors Manlapaz – la mamma di Mark Samson (reo confesso dell’omicidio di Ilaria Sula) – indagata per concorso in occultamento di cadavere.

 Crudele e impensabile, l’immagine di una mamma che aiuta il figlio a eliminare ogni traccia del suo gesto atroce ha suscitato – comprensibilmente – infuocate reazioni di odio, anche sui social. C’è chi per lei invoca la pena di morte, chi le lancia anatemi, chi la chiama «pazza».

Al di là delle accuse di cui questa donna dovrà giustamente rispondere nelle sedi opportune e al di là dell’immagine agghiacciante che si materializza di fronte ai nostri occhi, una riflessione sorge spontanea.

La È terribile pensare quanto sia difficile essere madre, quanto possa essere dilaniante amare e accettare l’atrocità del crimine commesso dal proprio figlio. dissonanza più tetra e mortale: «ti amo a tal punto da diventare tua complice, sacrificandomi per te e con te nel disperato tentativo di aiutarti, di vederti ancora, di immaginarti ancora, come avrei sperato». Forse è un pensiero simile a questo che ha attraversato la mente di Nors, chi può dirlo. Nella sua dichiarazione al pm, la donna ha dichiarato di aver avuto tanta paura di fronte a suo figlio, descritto come «un demonio» che tremava dicendo: «Mamma… mamma!!!».

Accusare è facile. Dal nostro punto di vista è importante sottolineare che la psiche – specialmente negli istanti come quello vissuto da Nors Manlapaz – fa ciò che può e si difende come può. Lei ha già confessato e la sua vita è fatalmente segnata. Dunque, la giustizia farà il suo corso.

Di fronte a questo evento, in memoria dell’ennesima ragazza assassinata, ci auguriamo che tutte e tutti (le famiglie, la scuola, la società intera) comincino a elaborare e trasmettere dei messaggi differenti, più incisivi: amore non è possesso.

Se è no, è no. Se è basta, è basta. Non sei di nessuno e di nessuna, semmai si sceglie di attraversare la vita con qualcuno, mano nella mano. Ognuno sia anzitutto per sé.

Clicca qui e guarda su YouTube il video in cui riflettiamo sul significato di “essere madre, anche nelle circostanze più impensabili e dolorose”.