Osservare, giudicare, accogliere: lo sguardo comunica senza bisogno di parole

 

di Franca Capotosto e Monica Tappa *

Com’è il nostro sguardo, quando guardiamo gli adolescenti? Giudicante e indagatore o curioso e aperto, amorevole?
Per imparare a vedere l’altro è importante saper cambiare punto di vista.

Ognuno di noi guarda il mondo a partire da quello che ha imparato, da quello che gli hanno passato i genitori, dal contesto sociale in cui è cresciuto. È naturale sia così.

Ma i nostri parametri, le nostre regole, i nostri confini quanto impattano sull’altro da noi, cosa comunicano?

Abbiamo sentito definire spesso gli adolescenti (come categoria) come bamboccioni, lavativi, incapaci, fannulloni, arroganti, maleducati. A volte assassini, come ci dice la cronaca. Ma sono casi singoli, che non possono essere generalizzati.

Oppure guardiamo anche noi “gli adolescenti” partendo da preconcetti che sono diventate già certezze?

Partiamo da un confronto realistico o dal ricordo mitizzato di ciò che eravamo? E ricordiamo davvero come ci sentivamo quando eravamo più giovani? Com’è il nostro sguardo, quando li guardiamo: giudicante e indagatore o curioso e aperto, amorevole?

“Gli” adolescenti esistono solo come macrocategoria che può essere “descritta” e racchiusa da specificità fisiche, psichiche, emotive, sociali. Ad esempio è molto probabilce che con il passaggio all’adolescenza la percentuale di porte delle camere dei nostri “bambini” che iniziano a essere chiuse sempre più spesso a noi genitori o che loro diventino quasi imbrovvisamente dei misteri di cui non abbiamo “stele di Rosetta” per decifrarli arrivi a sfiorare quota 1oo per cento.

Ma per quanto riguarda il resto, il nostro rapportarci con loro, il nostro guardarli dovremmo ricordarci che sono persone singole, uniche, con talenti, punti di forza e di debolezza, in continuo cambiamento. Spesso non si piacciono. Sono molto severi con loro stssi. Non hanno bisogno di un altro sguardo giudicante.

Sì, a volte sono irritanti, le loro risposte, quando non si tratta di mugugni o monosillabi, fanno prudere le mani perché sono cariche di quell’onnipotenza tipica di un’età “ignorante”, balorda, dominata dagli ormoni, dalla voglia di essere grandi, dalla paura, dalla necessità di dire “io esisto” ponendosi contro il mondo adulto di riferimento perché staccare il cordone ombelicale della “cuccia” e della comfort zone non è mai indolore.

E non è forse, paradossalmente, lo stesso modo di porci nei loro confronti che abbiamo noi? Certo, la nostra esperienza ci permette di vedere in anticipo alcuni errori. Ma come ce la siamo fatta, quell’esperienza, se non sbattendoci il naso?

Loro hanno 13, 14, 15 anni e noi 30, 40, 50, 60. Proprio la nostra maturità non ci dovrebbe aiutare ad andare oltre la superficie e provare a scoprire il loro mondo, ascoltandoli e osservandoli?

Sono giovanissimi per fare solo un esempio, i creatori di “MaBasta” il Movimento Anti Bullismo Animato da STudenti Adolescenti nato del 2016 da un gruppo di studenti d una scuola superiore, che si sono chiesti cosa potessero fare di concreto per tentare di frenare questo fenomeno (con l’aiuto di un prof di informatica).

Ci sono le derive? Certo! Ma restiamo in ambito familiare. Li guardiamo davvero i nostri figli? Quanto pesa il nostro sguardo? La riflessione va affrontata anche con i più piccoli, troppo spesso schiacciati dalle nostre (involontarie) aspettative, di quello che secondo noi sono, di quello che vorremmo da loro, di quello che immaginiamo nel loro futuro.

Da cosa partire? Oltre a un eventuale aiuto professionale per “pulire lo sguardo dalle nostre ferite” possiamo ad esempio provare a diventare veri osservatori, imparando a cogliere ciò che le parole non dicono. Ci viene in aiuto il saggio Figli che tacciono, gesti che parlano di Susana Fuster, pubblicato da Salani editore. Imparare a riconoscere i codici della comunicazione non verbale ci permette di ottenere moltissime informazioni utili a capire come sta – davvero – chi ci sta davanti (in primis i nostri figli).

E cosa possiamo fare con i più piccoli? C’è un recentissimo albo illustrato che si intitola Ascolta (ed. Il Castoro) in cui con semplicità vengono raccontati gli errori nei quali involontariamente cadiamo tutti. Ma anche qual è la cosa migliore da fare nei momenti di difficoltà. Porta con sé un bellissimo messaggio che può entrare sottopelle nei più piccoli, soprattutto se lo faremo loro vedere con l’esempio quotidiano (i bambini – ma anche noi – imparano più con l’emulazione che con le parole).

È davvero utile ed efficace attraversare la palude delle nostre aspettative e aprirci a un orizzonte libero, senza confini. Ci può essere di aiuto sfogliare (magari da soli, prima e con loro poi) un albo illustrato che è un vero, potentissimo gioiello: Io sono foglia di Marianna Balducci e Angelo Mozzillo, pubblicato da Bacchilega editore. Ogni giorno siamo in molti modi diversi: siamo luce e ombra, solleone e acquazzone, felici e tristi. In questa girandola emotiva tutti abbiamo però bisogno di un ramo, di un posto, cioè, in cui essere accolti e amati.

Ecco, noi adulti possiamo (e dovremmo) essere quel luogo.

* giornalista professionista, vive a Modena. Per lavoro legge, legge tantissimo e scrive. Parecchio. Seleziona le novità editoriali più interessanti da proporre a docenti, genitori, educatori. Cura Zero14, inserto della Gazzetta di Modena. Collabora anche con altre testate online e cartacee. Si occupa soprattutto di infanzia e adolescenza a tutto tondo.